
PORTARIA
Localita’ di 425 abitanti a 6 km di distanza è la frazione più importante del comune di Acquasparta perché, fino a pochi anni fa, era l’unica sede di delegazione comunale, con l’ufficio postale, la condotta medica e le scuole elementari. Il paese adagiato sulla costa dei Monti Martani a dominio della pittoresca valle del Naia offre un caratteristico borgo medioevale del XII secolo.
L’antico nome PORCARIA testimonia l’esistenza in questa zona, ricca di boschi adatti al pascolo dei maiali, di un primitivo insediamento pastorale e compare per la prima volta nel 1093 quando i discendenti del conte Arnolfo donarono all’abbazia di Montecassino due monasteri con i loro annessi “in curie de Porcaria”.
Il centro munito di un sistema di robuste fortificazioni diventa una delle principali località delle terre arnolfe. Nel 1495 Portaria fu costretta a sottomettersi al comune di Spoleto a causa delle scorrerie dei ternani e dei tudertini e per difenderla Spoleto si avvalse dell’aiuto del celebre capitano Bartolomeo d’Alviano il quale spedì numerosi fanti e successivamente un commissario perché risiedesse stabilmente in Portaria. Nel 1540 Giovan Giacomo Cesi marito di Isabella figlia di Bartolomeo d’Alviano, cedette a Pier Luigi Famese il castello di Alviano ricevuto in dote dalla moglie in cambio di Acquasparta e Portarla, acquistate fin dal 1550 dalla Camera Apostolica per 6000 scudi.
Di questo antico castello Arnolfo restano importanti resti della Rocca, avendo pressoché intatta la cinta delle mura castellane. Nell’interno del paese al complesso urbanistico medioevale si inseriscono opere rinascimentali della fine del XVI secolo dovute all’illustre famiglia Cesi.
Di particolare rilievo nel tessuto urbanistico di Portaria è l’antica piazza “Giuseppe Verdi” pavimentata a riquadri di travertino e spinata in laterizio su cui si innesta la TORRE DELL’OROLOGIO del 1200 restaurata nel 1600 e successivamente nel 1967 dalla sovraintendenza di Perugia, ad essa fa riscontro il pozzo fatto costruire dal Duca di Acquasparta che rimase in uso fino agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. La torre è sovrastata da una sopraelevazione e conclusa da pinnacoli e da una cuspide che contiene la campana ed è decorata da una cornice di beccatelli; l’orologio è di recente collocazione. Al di sotto della piazza il pozzo ha una cisterna grande quanto la stessa utilizzata come rifugio. Si può ammirare la lapide della posta sostituta dell’originale più grande asportata circa 60 anni orsono e conservata al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni a Roma, datata 1674 fu la prima cassetta postale in Italia

Si dice inoltre che durante il ducato di Lucrezia Borgia a Spoleto la stessa alloggiasse a Portaria con il suo seguito in una delle caratteristiche case costruite in pietra locale sulla piazza.
All’interno delle mura presso la porta Spoletina, così chiamata per indicare la via di Spoleto ai pellegrini provenienti da Roma lungo la via Flaminia, è situata la CHIESA DEI S.S. FILIPPO E GIACOMO. La sua origine risale ad alcuni decenni dopo il mille, per la sua costruzione fu usato materiale asportato dalla città di Carsulae visibile sulla sua rustica facciata in pietra sopra la semplice porta quattrocentesca in cui è inserita la fronte di un sarcofago carsulano con un’ampolla centrale e due vasi ansati ai lati. Alla sinistra dell’urna cineraria si trova l’epigrafe in cui compaiono i nomi dei due Santi a cui è dedicata la chiesa. L’Arciprete Floridi nel 1623 arricchì la sacrestia di alcuni mobili antichi di legno pregiato. All’interno si trovano tele seicentesche rappresentanti l’ultima cena e i quattro evangelisti. La chiesa presenta un vasto corredo sacrale originale del seicento che addobba altari di stile barocco. L’edificio sorge sui resti della primitiva chiesa parrocchiale di S.Andrea Apostolo di cui si vedono ancora i resti sparsi, come il bell’arco che si trova adiacente all’ingresso della chiesa attuale. Nel 1854 l’edificio fu ingrandito, fu abbassato il pavimento e furono asportate le ossa dai sepolcri sistemati poi nell’ossario del convento di Santa Caterina.
Il l ° ottobre 1884, in seguito alla domanda degli elettori di Portaria al R. Governo, viene dato voto favorevole dal Consiglio comunale affinché la frazione di Portaria sia separata dal Comune di Cesi e sia aggregata ad Acquasparta “considerata la relazione di amicizia nonché la facilità di comunicazione”.
ROSARO

E’ un piccolo villaggio di appena 98 abitanti posto a 10 minuti da Casigliano in cima ad una collina alla sinistra del Naia. Prende molto probabilmente il suo nome dal termine originale “Roseto”. Degno di menzione è l’antico castello medioevale oggi adibito a fattoria con una sola porta di ingresso.

Dalle finestre delle case lo sguardo spazia in un panorama di bellezza senza uguali, sulle coste si arroccano i vecchi paeselli ancora cinti dalle mura e da baluardi diroccati e circondati da un campanile.
Nel 1250 Rosaro seguì la sorte dei vicini villaggi e castelli , subì saccheggi da parte delle fazioni ghibelline della città di Todi.
Attraverso Rosaro, Todi era fortemente interessata al controllo della via Ulpiana, chiamata nel medioevo ” via Strata o Pietrosa o delle Sette Valli”, che giungeva presso San Gemini in un nodo di notevole importanza strategica costituito dall’innesto sull’antico tracciato della Flaminia e dall’incrocio con la via Romana di Spoleto e una strada proveniente da Terni. Il dominio di Rosaro passò a Ludovico degli Atti signore di Casigliano. Estinta questa famiglia tornò alla Camera Apostolica e nel 1607 con Sismano fu venduto alla casa Corsini.
La chiesa parrocchiale edificata sopra le antiche mura castellane è dedicata a S.Lorenzo ed ha una sola navata con tre altari. Il campanile è di travertino e venne innalzato nel 1736 dal parroco Don Carlo de Silvis.
SCOPPIO


Il castello medioevale dello Scoppio deve il suo nome, derivato dal latino “scopulus”, alla particolare configurazione dell’elevato sperone roccioso su cui poggia che, come uno scoglio emerge isolato dalla pianura , a ridosso dei monti Martani a circa 15 km da Acquasparta. Intorno al 1000 entra a far parte dei possedimenti degli Arnolfi e delle terre Arnolfe segui sempre la sorte. Nel 1710 il piccolo centro contava 25 famiglie, oggi restano solo 8 persone in quanto fu abbandonato in seguito ad un forte terremoto. Conserva tuttora vasti tratti della cinta muraria trecentesca e la piccola ma interessante chiesa di S.Pietro al cui interno troviamo pochissimi frammenti di–pregevoli affreschi attribuiti al pittore spoletino Piermatteo Piergili. Altri due affreschi sono ai lati dell’arco di trionfo raffiguranti: quello di destra Santa Lucia, datato 1423, e quello di sinistra San Michele Arcangelo che uccide il drago sempre del XV secolo. In alto, al di sopra dell’affresco datato 1423, è la scritta DOMINUS PETRUS MATHE…/DE SPOLETO PINXIT che testimonia l’operosità nella chiesa di Piermatteo Piergili il quale, con probabilità, non si limitò a dipingervi la ricordata madonna con Bambino; questa intuizione scaturisce dal constatare la lontananza della scritta dall’unica sua opera rimastavi. Ai lati della parte absidale, sopra una scritta del 4 giugno 1576 che ricorda uno dei molti restauri cui fu soggetta la chiesa, sono due interessantissimi affreschi rappresentanti San Pietro e San Paolo. Sopra la mensa dell’altare dedicato a san Michele Arcangelo è la scritta SUMPTIBUS ECCLESIAE TEMPORE DOMINTICI VALERY RECTORIS/DE VILLA PRAETARIARUM ARQUATAE – A.D. MDCCLIV. Degni di nota sono anche gli affreschi che interamente ricoprono l’abside, tutti della seconda metà del XV secoli: nel catino, la Resurrezione (molto frammentaria); nel semicatino San Sebastiano, San Gregorio(?), San Rocco, un Santo vescovo e una Santa arante.
Sotto gli affreschi del semicatino, a destra, affiora a tratti un più antico affresco dei primi anni del XV secolo che doveva estendersi al soprastante catino e forse rappresentante San Michele Arcangelo. Nel campanile a vela, posto in prossimità dell’abside, è la data 1525.

Sotto gli affreschi del semicatino, a destra, affiora a tratti un più antico affresco dei primi anni del XV secolo che doveva estendersi al soprastante catino e forse rappresentante San Michele Arcangelo. Nel campanile a vela, posto in prossimità dell’abside, è la data 1525.
CASIGLIANO

Dista da Acquasparta circa 15 km in direzione Todi ed è circondato da una ridente corona di colline e monticelli. Sorge su un piccolo poggio e conta poco più di 186 abitanti. Le origini di Casigliano sono assai remote, secondo degli scrittori latini Appiano e Dione truppe di legionari della Gens “Casilena” furono inviate da Ottaviano in questa zona vicino Tuder e seguiti dalle loro famiglie. Casigliano venne così fondato dalla gente CASILENA che costruì una villa romana chiusa da mura e nel medioevo venne distrutta dai barbari e poi dalle lotte con i ghibellini. L’aspetto attuale è quello di un borgo medioevale dove spicca il castello edificato nel 1519, con funzione residenziale, asservito a Ludovico degli Atti che tornò dalle Crociate dove comandò l’esercito papale e lo ebbe in dono dal Pontefice. Al suo interno racchiude la rocca (preesistente) progettata da Antonio da Sangallo il Giovane. Nel 1543 vi soggiornò Paolo III, di ritorno a Roma dopo aver incontrato l’imperatore Carlo V d’Asburgo. Nel 1553, al termine di un banchetto, venne perpetrata una strage da parte dei Cesi di Acquasparta nei confronti degli Atti, loro parenti: questo atto concluse la faida instauratasi anni prima, per la supremazia su Todi. Al centro del borgo c’è la chiesa parrocchiale di S.Biagio, dove nella cripta sottostante si trovano allineati i sarcofagi di alcuni appartenenti alla famiglia degli Atti. I sarcofagi sono di marmo bianco con ai lati il monogramma cristiano circondato da una corona di spine, gli stemmi degli Atti che hanno il fondo diviso orizzontalmente, con a destra un leone in piedi e a sinistra tre fasce ed una stella in alto. Nei sepolcri riposano le ossa di Virginia dei duchi Aquitani, moglie di Angelo Atti e parente dei Cesi di Acquasparta, Ludovico degli Atti prode e celebre guerriero, Cecilia Sforza madre di Angelo e le ossa delle sorelle.
Il principe Corsini di Firenze lo acquistò per 495.000 scudi nel 1605, direttamente dalla Corte pontificia: tuttora, i suoi eredi, lo posseggono e ne curano la ristrutturazione.

FIRENZUOLA

Firenzuola è una frazione del comune di Acquasparta (TR), lungo la strada statale 418 che collega questo comune con quello di Spoleto. Sita sul versante spoletino dei monti Martani, a 480 m s.l.m., rappresentava un punto di confine tra Acquasparta ed il territorio longobardo di Spoleto. Il paese domina dall’alto il piccolo bacino artificiale del lago di Arezzo.

Del suo tessuto medievale rimangono alcuni tratti di mura e le due porte di accesso. Già a partire dal 1000 fa parte delle Terre Arnolfe. In esso si trovano delle interessanti torri di guardia risalenti al XIII secolo ed ora adibite ad alloggio. Nel 1332 è un castellato da cui dipendono i vicini borghi di Messenano, Arezzo e Scoppio Pignario. Nei secoli successivi è soggetto ora a Todi ora a Spoleto. I signori del luogo erano i Gallicitoli (con questo nome è noto intorno all’anno 1000), che hanno lasciato segni della loro presenza in vari stemmi (un galletto) posti sulle superfici esterne delle case. A sua volta, sembra che il nome provenga dalla presenza di un antico forte gallico posto in questa zona. Dopo la decadenza, avvenuta nel XII secolo, l’avvento di signori fiorentini ridiede vigore a questo borgo, e gli lasciò probabilmente in eredità il nome, Firencola, già dal 1414.
Attualmente piccolo centro agricolo di 162 abitanti, conserva pochi tratti di mura e le due antiche porte di accesso all’antico castello.
Sull’architrave della porta di una abitazione posta al di fuori della cinta muraria si vede ancora scolpito Io stemma del castello del XIV secolo.
Qui nacque Giovanni di Santuccio di Scagno “de Firencola terrarum Amulphorum” conosciuto come “mayestro da pietre e “magister et scultor, sive intagliator marmorum et aliorum lapidum” che fu chiamato a Todi nel 1414 dove mori dopo 44 anni di fervida attività lasciando, tra l’altro, la magnifica facciata della chiesa di San Fortunato. Nella sua lunga operosità in Todi il Maestro di Firenzuola si avvalse anche di altri artisti spoletini quali i nipoti Bartolo d’Angelo di Agostino e Matteuccio di Pietro di Santuccio e del maestro Mariano di Antonio; elementi questi che ulteriormente ci confermano la continuità di una attiva e feconda scuola di scultura spoletina.
CONFIGNI

A 2 km di distanza da Acquasparta la piccola frazione conta oggi circa cento abitanti. Costruito in epoca medievale, è abbellito dalla presenza dei resti di due piccole rocche, che furono occupate da una guarnigione:

la Rocca di Montalbano dove sussistono due torri quadrangolari unite da un corpo più basso con corte interna.

Della prima rocca originariamente a pianta quadrangolare con torri sugli angoli, rimane visibile attualmente solo il rudere di una torre.
I territori erano originariamente di pertinenza dei monaci di Farfa, ma intorno al 1000 entrò a far parte delle Terre Arnolfe, ma il 22 gennaio del 1277 prometteva fedeltà e vassallaggio al comune di Narrai offrendo, come consueto per la festa di S.Giovenale un cero di due libbre. Successivamente sottomesso agli Orsini nel 1629, che eseguirono opere di fortificazione, ritornò ancora a Narni per volere di Clemente XI.
Nel 1831, a marzo, l’ex-ufficiale napoleonico e rivoluzionario Sercognani combatté un’aspra battaglia contro le truppe pontificie.
Da Configni è possibile ammirare in lontanza Todi con il suo S.Fortunato e la bramantesca Consolazione. Si vedono quelle belle catene di monti sulle cui pianure si alternano l’olivo e la vite e le belle valli ricche di vegetazione in cui passa il Tevere incoronato da pioppi. Tutt’intorno si snodano tutte le città e castelli che offrono un paesaggio vario e vasto che invita alla contemplazione.
MACERINO

Il castello, sorto a Sud-Ovest di Spoleto sulla cima di un monte a 665 m. slm, fu costruito a forma di rettangolo allungato, con possenti torri ai quattro angoli, al fine di fortificare un preesistente nucleo abitato. L’abitato, per la sua quasi totalità, ricade all’interno delle mura ed attualmente sono circa 10 persone. Le costruzioni in pietra locale, sono separate da strade strette e piccoli slarghi. Caratteristiche sono le pietre bucate, inserite nelle mura per legarvi gli animali. All’interno ci sono due piazze contrapposte, una denominata del Palazzo della Comunità, dall’architettura severa e imponente, e l’altra più piccola della Pieve di San Biagio del X1 sec. con una facciata caratteristica e semplice al tempo stesso.
La prima notizia certa è del 1093; ebbe giurisdizione, come castellato delle Terre Amolfe, su Colle Aiano, Fogliano, la Villa Campi e la Villa Paganica. Del suo passato di ricco centro politico ed economico possiamo ancora osservarne cospicue testimonianze: parte delle mura di cinta, due possenti torrioni, caratteristiche abitazioni medievali con porte e finestre in pietra bianca, la porta di accesso al castello, che fino a qualche anno fa era sormontata dallo stemma della comunità, e soprattutto il caratteristico palazzo della Comunità. All’interno delle mura castellane è la chiesa di san Biagio, appoggiata all’antico mastio del castello, che già prima del XI secolo risulta soggetta alla chiesa di san Giovanni Battista di Sangemini; nel 1093 divenne Pievania e nel 1217 fu sottoposta alla chiesa di Santa Maria in Rupino. E’ a due navate e conserva mediocri affreschi del XVI secolo.
Prima di guadagnare l’entrata del castello incontriamo la modesta Chiesa della Madonna del Fiore sorta intorno al 1670 e nel cui interno sono due affreschi datati 1673.
Presso il cimitero è la chiesa di San Giovenale nei cui pressi fu rinvenuto un importantissimo frammento di sarcofago paleocristiano in marmo, della seconda metà del secolo IV, ora conservato nel Museo Civico di Spoleto, che appartenne alla matrona romana Ponzia la quale, nel recarsi a Treviri, mori cadendo dal cocchio. Del sarcofago di Ponzia, che il Vescovo di Spoleto Lascaris vide nel 1712 “hinc inde ad hoc altare”, cioè nei pressi dell’altare della chiesa, ce ne sono pervenuti due grandi frammenti del fronte anteriore; nella parte centrale che è mutilata, è il mezzo busto del Salvatore con le tracce del monogramma costantiniano ed il libro della legge aperto; negli angoli sono due figure diademate e vestite con abito talare; nei riquadri, in due tabelle ansate, due lunghi distici che ricordano appunto l’incidente accaduto a Ponzia in località imprecisata.
Nel 2004 qui fecero le riprese del film TV “La terra del ritorno”, con Sophia Loren e Sabrina Ferilli ambientato negli anni ’50.

SELVARELLE

La Frazione di Selvarelle è quella più a nord del territorio del Comune di Acquasparta al confine con il Comune di Todi e il Comune di Massa Martana. Dista circa 7 Km da Acquasparta e sorge a 205 metri dal livello del mare. La Frazione si divide in Selvarelle Basse e Selvarelle Alte e vi risiedono 88 abitanti. Il nucleo abitativo di Selvarelle Basse è concentrato prevalentemente lungo l’originaria strada statale Tiberina 3 bis, attualmente riclassificata come strada provinciale in seguito alla realizzazione negli anni 70 della Superstrada. Selvarelle Alte è nella parte collinare più alta e si estende per circa 800 m. fino al confine con il Comune di Todi.
La chiesetta di San Martino situata in mezzo al bosco a nord di Selvarelle Alte è dedicata anche alla Madonna della Neve, a cui i fedeli di Selvarelle sono legati da secoli. Nel dizionario topografico Tudertino di Alvi si parla nel 1556 di una chiesa distrutta, forse dal terremoto, ove era dipinta una Maestà, con l’immagine di Maria che operava “molti miracoli”. Grazie alle offerte dei fedeli nel 1768 fu innalzata una chiesa benedetta dal vescovo di Todi mons. Francesco M. Pasini. Durante l’ultima guerra i fedeli vicini e lontani, le mamme e le spose dei soldati ricorrevano con la preghiera a Maria. Con le loro offerte in denaro la chiesa fu restaurata, con l’oro raccolto furono fatte una corona per il Bambino e una per la Madonna. Il vescovo di Todi, mons. Alfonso Maria De Sanctis, il 5 agosto 1945 compose una preghiera e incoronò la Madonna e il Bambino. Il terremoto del 1960 procurò nuovi danni alla chiesetta, restaurata,fu riaperta nel 1982. La chiesa ha subito nuovi danni da renderla inagibile col terremoto del 1997 e nuovamente restaurata nel 2005.
Poco a nord di Selvarelle Alte, sorge il Palazzo di Selvarelle (m 287 s.l.m.), lo stabile secentesco la cui presenza ha dato origine al toponimo. Nella facciata ovest del Palazzo è stata recentemente individuata un’epigrafe funeraria dedicata ad un duovir iure dicundo di nome Marcus Fabrinius risalente al periodo storico fra il IO secolo a.c. ed il I° secolo d.c. ed un sarcofago erratico in travertino senza coperchio e privo di iscrizioni o elementi decorativi, resti di un’area sepolcrale romana.
CASTELDELMONTE

Sorge ad una distanza di 6 Km da Acquasparta in direzione Spoleto, in prossimità del valico a 642 m. slm ed ha 46 abitanti. E’ un piccolo borgo in mezzo ai boschi ed ai margini della conca originata dalla Dolina del Tifene. Nel medioevo era un castello che poi fu trasformato nel XV sec..
Trovandosi in una posizione strategica tra Todi e Spoleto, praticamente sul valico, fu lungamente conteso tra queste due città. Alla fine fu sottomesso a Todi. Nell’interno del castello è possibile osservare cospicui resti di strutture architettoniche appartenenti all’impianto difensivo medievale tra cui una possente torre cilindrica al centro della quale si apre l’antica porta del castello che è sormontata da uno stemma in pietra della città di Todi; la parrocchiale, del secolo posta fuori delle mura del castello, non conserva testimonianze di particolare interesse.
