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CHIESA DI SAN GIOVANNI "DE BUTRIS"
CHIESA DI SAN GIOVANNI "DE BUTRIS"

La chiesa di San giovanni che fa parte della Commenda de Butris o Budes o Buttis, risale probabilmente al sec. XI, quando nel Registro Farfense vengono censite anche le chiese del nostro territorio e, anche se nessuna appare con il nome di Sancti Johanni, numerose sono quelle dedicate a Maria. Tutte identificate ad eccezione di Santa Maria in Strata e di Santa Maria in Pantana. Entrambe riconducibili alla nostra chiesa: la prima riferendosi alla Via Flaminia, la seconda al pantano causato dagli straripamenti del fiume Naja. L’edificio di culto, a navata unica con copertura a tetto sorretto da tre archi diaframma, è realizzato con blocchi di calcare con tessitura disomogenea, a dimostrare una lunga trasformazione nel corso dei secoli. In parte sono stati utilizzati blocchi squadrati di riuso, probabilmente provenienti dalla vicina Carsulae come del resto avvenne per altri edifici limitrofi (Osteriaccia).


Fu costruito sopra ad un vecchio ponte in disuso della via Flaminia al di sopra del piano della campagna inondata stagionalmente dal corso delle acque del fiume Naja. Molto probabile che finisse con l’abside semicircolare in corrispondenza dell’apertura ad arco della vecchia torre di guardia sul ponte costruita in epoca augustea. Il cambio di toponimo è quindi da associare all’arrivo dell’Ordine Gerosolimitano nel XIII sec., grazie ad una concessione dell’edificio da parte di una autorità religiosa che era solito concedere o donare cappelle, canoniche o monasteri in stato di abbandono che restaurate ed ampliate, venivano trasformate in ospizi per poveri e malati.

L’Ordine degli Opedalieri di San Giovanni, nacque in seguito della conquista di Gerusalemme del 1099. Scopo dell’Ordine era di garantire il suo impegno militare e Ospedaliero in Terra Santa e questo avveniva grazie alle Commende, come quella di Acquasparta, che forniva una fonte di reddito con la sua cospicua proprietà e con il suo piccolo ospedale poteva fare assistenza ai viandanti. La commenda di San Giovanni di Acquasparta rientrava in una politica di espansione dell’Ordine gerosolimitano in Umbria. Infatti numerosi furono gli insediamenti lungo le principali vie di comunicazione come lo era la via Flaminia. I principali insediamenti furono l’Ospedale dell’attuale Magione, la chiesa di San Benedetto di Porta Santa Susanna a ridosso delle mura etrusche perugine, il convento di San Lorenzo a Collazzone, l’Ospedale di Castelvecchio di Todi, San Gismondo di Marsciano, la chiesa di S.Pietro de Riconis (l’attuale S.Alò) a Terni ecc. La più antica attestazione dell’appartenenza di S.Giovanni di Acquasparta all’ordine Ospedaliero, compare nelle “Rationes Decimarum Italiae”, ovvero nell’elenco delle imposte straordinarie sul reddito dei benefici ecclesiastici, che la Santa Sede richiedeva in momenti di particolare bisogno. Da questo documento del 1302 si evince che la commenda di Acquasparta dipendeva da quella della chiesa di S.Pietro de Riconis di Terni e che il conduttore di Acquasparta era un certo Frà Jacopo. Per la prima volta abbiamo il “titolus” della chiesa ovvero “de Buttis” con vari possibili significati: come confine oppure riferito al terreno paludoso come buca o fossa nel terreno.

Nel 1333 veniva compilato il noto “Liber Prioratus Urbis” per volere del Priore gerosolimitano di Roma, in cui venivano elencati tutti i possedimenti e possiamo vedere che Acquasparta aveva numerosi appezzamenti di terreno che andavano dal castello di Mezzanelli a Portaria. Inoltre emerge che San Giovanni aveva due case: una ad Acquasparta in via Colonna su più piani compreso un orto, e una casa a Portaria. Da questo elenco si deduce anche la presenza di un piccolo mulino per i cereali ad uso proprio perché aveva la ruota idraulica orizzontale a basso rendimento. Non veniva però specificato dove potesse essere collocato. E’ invece del 1434 un documento importantissimo del governatore del priorato di Roma Giovanni Battista Orsini nel quale descrive la commenda di Acquasparta citando il toponimo delle “Bucti” da collegarsi al significato moderno di botte riferito alle arcate del ponte. Inoltre appare evidente il legame tra la commenda e una delle famiglie più illustri di Acquasparta ovvero i Bentivenga al quale apparteneva quel Giovanni di Simone che il governatore del Priorato di Roma nominava suo procuratore negli affari concernenti la chiesa di S.Giovanni. A questa famiglia apparteneva anche Andrea figlio di Giovanni che risulta cavaliere dell’Ordine nel 1470. Si conoscono anche altri tre cavalieri commendatori di S.Giovanni fra cui Pier Nicola Bentivenga nel 1469.

Nel 1574, al tempo del vescovo Angelo Cesi, venne in visita ad Acquasparta il vescovo di Ascoli Piceno Camaiani. ospitato da Alessandro degli Atti nel castello di Casigliano, venne alla volta di Acquasparta e qui rimase tre giorni ospite della Duchessa Isabella Liviani Cesi e visitò così la chiesa giovannita. Qui il Camaiani ordinava di dipingere sulla parete l’immagine di Cristo Crocifisso e di S.Giovanni. L’anno seguente nel 1575 fu compilato il primo cabreo (inventario dei beni) della commenda, eseguito per volontà del commendatore Frà Giulio Bravi da Verona, che si avvalse del suo procuratore Fabrizio Delfini (abitante ad Acquasparta in via Colonna) insieme ai procuratori e commissari di Isabella Liviani.


Gli affreschi dietro l’altare portano la data del 1602 con l’iscrizione del committente Nicola Giovanni Matteo. Un’altra iscrizione compariva sulla campana del campanile a vela che ricorda che fu fatta dal cavaliere Frà Camillo Baratti nel 1590. Nel corso del 1600 vennero fatti altri tre cabrei in cui si descrive la chiesa, che è più o meno come ora con la differenza che l’abside semicircolare era ricavato nell’arcata a piano terra della vecchia torre e nel frattempo l’ordine Ospetaliero si era trasformato in Cavalieri di Malta.


Poi c’è la descrizione della casa che risultava composta dalla vecchia torre ampliata ed innalzata dove a piano terra c’era un pollaio poi tre piani adibiti a cucina e camere e sopra la colombaia. L’edificio contiguo consisteva in stalle e porcili a piano terra e a piano primo le stanze ad uso dei contadini e lavoratori e la scala per andare alle stanze dei Signori Commendatori o suoi Ministri.

Nel cabreo del 1667, al tempo del commendatore fiorentino Alessandro Benino, viene descritto per la prima volta il Crocifisso di legno dell’inizio del XIV secolo che è stato sempre tenuto in grande venerazione, con un sciugatorio di seta fatto dallo stesso Commendatore del valore di diciotto giulii. Questo Crocifisso, antecedente all’attuale chiesa, fu trasportato nel 1888, accompagnato da una folla immensa di acquaspartani, nella Chiesa di S. Francesco e collocato sull’altare di destra entrando, per preservarlo da una fine indecorosa ed è ancora lì. Possiamo ricostruire la storia dell’edificio di culto ipotizzando che esso, innalzato nel secolo XI sul ponte a ridosso della torre di guardia, fu dedicato alla Vergine Maria e donato alla fine del XIII sec. Agli ospedalieri che modificarono il titolo in quello di San Giovanni. La domus descritta nel “liber Prioratus” era la vecchia torre costituita da un piano terra con le due aperture ad archi in cui in uno era stata costruita l’abside della chiesa, con la volta a botte ancora visibile, dotata di una apertura a botola con cui accedere al piano superiore. Il piano primo consiteva in un ambiente molto alto al quale si poteva accedere anche dall’esterno attraverso un accesso volante con scale di legno. Alle spalle della torre abbiamo l’edificio conventuale il quale fu innalzato successivamente e la sua evoluzione, insieme a quello della torre, può essere seguita attraverso i cabrei seicenteschi e la struttura attuale sarebbe stata realizzata a partire dal 1671 e si può asserire che è il frutto di interventi succedutisi in maniera ininterrotta dalla fine del XIII sec. Sino al sec.XVII.

La commenda di Acquasparta aveva un ruolo strategico per l’Ordine gerosolimitano in Umbria: controllava il percorso che da Terni conduceva a Todi e Perugia, con il suo piccolo ospedale forniva assistenza ai viandanti e nel contempo poteva sostenere l’Ordine nel suo impegno militare in Terrasanta grazie alla cospicua proprietà terriera. Acquasparta, però, non ospitava solamente l’ospedale giovannita, ma altri tre gestiti dalle Confraternite che diventarono animatrici della carità e dell’assistenza ai poveri, ai viaggiatori e ai malati. Oltre l’antichissima stazione di posta, chiamata “L’Osteria” lungo la Strada Flaminia, in base al regesto di Niccolò IV del 1° marzo 1290, si parla di un altro ospedale dedicato a San Marco che compare tra le chiese alle quali viene concessa l’indulgenza “pro ecclesia Sancti Marci hospitalis Acquasparta Tudertinae diocesis”. Questo poi divenne l’Ospedale della Madonna del Giglio gestito dalla medesima Confraternita. Poi c’era il leprosario voluto da S.Francesco condotto dai Francescani e dalla Confraternita della SS.Trinità e l’Ospedale attiguo alla chiesa della Madonna del Giglio, appena dentro Porta Vecchia, gestito da un ospedaliere della Confraternita di S.Antonio. Questo ci fa pensare ad un suo ruolo di particolare importanza, quindi ad un flusso di pellegrini consistente tanto da giustificare la presenza di quattro Ospedali che praticavano assistenza ai bisognosi ed ai viandanti lungo uno dei più antichi percorsi quale era la via Consilare Flaminia. Tutto questo fino alle incursioni napoleoniche prima e all’Unità d’Italia dopo, con cui tutti i beni ecclesiastici vennero incamerati dallo stato e da allora rimasti nell’abbandono totale tra l’incuria, l’usura del tempo e dai furti degli uomini. Ora i resti dell’insediamento si conservano all’interno di una vasta proprietà privata e sono stati oggetto ultimamente di un recupero edilizio tuttora in corso.

*Materiale ed informazioni tratte dal Saggio della D.ssa Nadia Bagnarini “Ospitalità negli insediamenti Ospedalieri in Umbria: il caso di S.Giovanni de Buttis ad Acquasparta tra storia e architettura”